Sebbene numerosi studi condotti negli ultimi quattro anni decenni abbiano identificato le concentrazioni plasmatiche elevate di lipoproteina (a) come fattore di rischio per le patologie aterotrombotiche, compresa la coronaropatia, i ruoli fisiologici e fisiopatologici delle Lp(a) continuano ad essere indefiniti.
Inoltre deve ancora emergere un chiaro consenso sulla utilità clinica della misurazione di Lp(a) e sul trattamento delle elevate concentrazioni plasmatiche di questa lipoproteina. Ciò nonostante, diversi ampi studi prospettici che hanno fornito evidenze certe di un contributo dei livelli elevati di Lp(a) al rischio coronarico e gli studi di randomizzazione mendeliana che indicano un ruolo causale di Lp(a) nel processo aterotrombotico, hanno un nuovo impulso alla studio di Lp(a) da parte dei ricercatori clinici e di base.
Lp(A) è una lipoproteina interessante da studiare perché ha una struttura complessa costituita da una componente simile alla lipoproteina a bassa densità (LDL) a cui è unita in modo covalente , una porzione glicoproteica unica, l’apolipoproteina (a). Oltre alle elevate concentrazioni plasmatiche di Lp(a), dati emergenti indicano che le piccole dimensioni delle isoforme di apo(a)e la modificazione della lipoproteina con fosfolipidi ossidati (oXPL) potrebbero contribuire in modo determinante al potenziale patogeno della Lp(a). La somiglianza della Lp(a) con le LDL e con il plasminogeno rappresenta un possibile interessante legame tra processi aterosclerotici e trombotici. Chiaramente, la Lp(a) è un fattore di rischio per gli eventi aterotrombotici e, forse, puramente trombotici; una pletora di meccanismi per spiegare queste osservazioni cliniche è stata fornita da studi in vitro e da modelli animali per Lp(a). Tuttavia, la resistenza relativa della realizzazione di studi chiave finalizzati a valutare l’effetto della riduzione prospettica delle concentrazioni plasmatiche di Lp(a) sugli endpoint cardiovascolari.
A causa della eterogeneità delle dimensioni delle Lp(a), la misurazione di questa lipoproteina comporta difficoltà significative. Questo fatto, a sua volta, ha complicato l’interpretazione degli studi clinici e ha posto ostacoli importanti allo sviluppo di metodi standardizzati per la misurazione delle Lp(a). Nonostanti tali difficoltà, la determinazione dei livelli di Lp(a) può essere utile per migliorare ulteriormente il trattamento dei pazienti ad alto rischio di CHD.
Nelle linee guida dell’Adult Treatment panel (ATP) III, la Lp(a) è stata classificata come un fattore di rischio lipidico “emergente”per la CVD. Un gran numero di studi ha identificato le concentrazioni plasmatiche elevate di Lp(a) come un fattore di rischio per le patologie aterosclerotiche, compresa la vasculopatia periferica, l’ictus e la CHD, il che comprende la maggior parte degli studi effettuati. L’eccesso di Lp(a) è il più comine disturbo lipidico ereditario nei pazienti con CHD prematura, il che stimola l’interesse a comprendere il meccanismo d’azione della Lp(a) nell’aterogenesi.
Gli studi caso-controllo retrospettivi hanno costantemente dimostrato che i livelli plasmatici di Lp(a) sono elevati nei pazienti con CHD preesistente rispetto ai controlli corrispondenti . Questi tipi di studi sono stati criticati, in quanto sono stati selezionati pazienti con CHD preesistente, il che favorisce l’inclusione di pazienti con altri fattori di rischio CHD. Inoltre gli studi di caso-controllo retrospettivi non possono distinguere il ruolo causale della Lp(a) sia semplicemente un marcatore di CHD, oppure le concentrazioni plasmatiche di Lp(a) possano aumentare in conseguenza della CHD.
Inoltre sono stati condotti molti studi prospettici per valutare il contributo dei livelli plasmatici della Lp(a) alla sviluppo futuro della CHD. I risultati discrepanti dei primi studi sono probabilmente attribuibili a variazioni nel disegno dello studio, come la composizione dello studio, in termini di sesso ed etnia , prelievo e conservazione dei campioni e metodi utilizzati per l’analisi statistica. Inoltre, l’eterogeneità strutturale della Lp(a) può influire sensibilmente sulla precisione della misurazione della Lp(a). Tuttavia, il bilancio delle evidenza basate sugli studi condotti negli ultimi dieci anni ha dimostrato che la concentrazione plasmatica elevata di Lp(a) è un predittore di CHD. I risultati di recenti grandi studi epidemiologici e una serie di meta-analisi condotte a partire dal 1998 hanno dimostrato che le concentrazioni estreme di Lp(a), che mostrano una debole associazione con i fattori di rischio tradizionali, sono significatamente associate alla incidenza di CHD.
Anche se esistono poche o nessuna correlazione tra le concentrazioni plasmatiche di Lp(a) e altri fattori di rischio vascolare, sono state fornite evidenze di diversi studi che suggeriscono che il rischio attribuibile alle elevate concentrazioni di Lp(a)dipende, almeno in parte, dalla presenza concomitante di altri fattori di rischio simili. Nel Familial Ateherosclerosis treatment study, le concentrazioni di Lp(a) sono state un forte predittore di eventi al basale, ma hanno perso il loro valore predittivo quando il colesterololo LDL è stato ridotta meno di 100 mg/dl, nel gruppo di trattamento. Nel Prospective Epidemiological Study of Myocardial Infarction, le concentrazioni di Lp(a) sono state studiate come fattore di rischio di CHD utilizzando una coorte prospettiva di 9133 uomini irlandesi e francesi di età compresa tra 50 e 59 anni, senza pregressa storia di CHD. La presenza di concentrazioni elevate di Lp(a) ha aumentato il rischio di infarto miocardico (IM) e di angina pectoris , e l’effetto è stato più pronunciato negli uomini con una elevata concentrazione di LDL . I risultati del Quebec Cardiovascular Study hanno suggerito che Lp(a) non sia un fattore di rischio indipendente per la cardiopatia ischemica negli uomini , ma aumenti il rischio associato a livelli elevati di apoB e di colesterolo totale e riduca apparentemente gli effetti benefici dei livelli elevati di lipoproteine ad alta densità (HDL). Interazioni simili fra elevate concentrazioni di Lp(a) ed altri fattori di rischio sono state riscontrate nello studio PROCAM , In particolare, la presenza di elevate concentrazioni di Lp(a) ha ulteriormente aumentato il rischio di infarto del miocardio negli uomini con rischio globale stimato elevato o moderatamente elevato (ovvero, rischi odi un evento coronarico > 10% in 10 anni), ma negli uomini a basso rischio globale stimato.
L’evidenza derivante dagli studi di randomizzazione mendeliana secondo cui Lp(a) è un fattore ausale per la CHD ha suscitato un rinnovato interesse nel campo Lp(a). Il gruppo di consenso della Società Europea dell’ Aterosclerosi ha raccomandato esplicitamente che i pazienti a rischio intermedio o elevato di CVD siano sottoposti a test di screenig per i livelli plasmatici di Lp(a) e che la riduzione dei livelli di Lp/a) del paziente a meno di 50 mg/dl con l’uso della niacina dovrebbe essere una priorità del trattamento dopo la gestione del colesterolo LDL.
Per quanto riguarda le decisioni del trattamento, gli individui con CHD o un rischio equivalente di CHD, una storia famigliare di CHD precoce od una storia di eventi coronarici ricorrenti che presentano concentrazioni elevate di Lp(a) (> di 30 mg/dl o 75 mmol/L; ovvero al di sopra dell’80°percentile), dovrebbero essere gestiti in modo più aggressivo in relazione ai fattori di rischio modificabili. Questo dovrebbe includere una riduzione aggressiva dei livelli di LDL.
Infine, il trattamento con niacina, come previsto della Società Europea dell’Aterosclerosi, o la terapia con aspirina possono essere presi in considerazione su base individuale ; quest’ultima terapia può essere utile per attenuare il carico trombotico aggiuntivo nei pazienti con elevati livelli di Lp(a). E’ importante ricordare che l’impiego della Lp(a) nella riclassificazione del rischio deve essere ancora codificato formalmente.
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