Nonostante le innovazioni tecnologiche e le sempre più numerose risorse terapeutiche, la malattia cardiovascolare aterosclerotica rappresenta a tutt’oggi la prima causa di morte e disabilità nei paesi ad alto grado di sviluppo socio-economico. In Europa, ogni anno, 4 milioni di persone muoiono a causa di patologie cardiovascolari con un maggiore interessamento (55% dei casi) del sesso femminile, anche se la percentuale di uomini risulta molto maggiore per quanto riguarda l’incidenza in giovane età.

L’aterosclerosi è una malattia infiammatoria cronica a lenta evoluzione la cui eziopatogenesi è multifattoriale e, tra i principali fattori di rischio, la dislipidemia, ed in particolare i livelli di colesterolo trasportato dalle lipoproteine a bassa densità (C-LDL), la fanno da protagonisti. Il ruolo del colesterolo nel rischio cardiovascolare, infatti, dipende non solo dai suoi livelli plasmatici totali, ma anche dalla sua distribuzione nelle lipoproteine.

Il C-LDL è potenzialmente patogeno, mentre quello trasportato dalle lipoproteine ad alta densità (C-HDL) è indice di un ruolo protettivo delle lipoproteine stesse nei confronti dell’aterosclerosi. La dimensione del problema vede un 23% di donne e un 21% di uomini ipercolesterolemici in Italia, mentre le percentuali arrivano fino al 37% per quanto riguarda il riscontro di valori di colesterolemia borderline. 

STRATEGIE DI PREVENZIONE: LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON CARDIOPATIA ISCHEMICA
Sempre più attenzione viene posta nei confronti del grado di rischio cardiovascolare di ogni soggetto sia che si tratti di prevenzione primaria che secondaria. Dunque il punto principale è definire il rischio cardiovascolare dell’individuo che viene determinato dalla presenza di diabete, ipertensione, nefropatia, ipercolesterolemia familiare e non e nel caso di malattia cardiovascolare accertata strumentalmente.

In base al livello di rischio cardiovascolare va da basso a particolarmente elevato e l’obiettivo terapeutico è la riduzione dei livelli di LDL che va da un valore inferiore a 116 mg/dl a meno di 40 mg/dl.
Le strategie terapeutiche sono oggi molteplici partendo dallo stile di vita, passando per le statine di diversa generazione per arrivare all’ezetimibe, terminando con gli inibitori del PCSK9.

Il primo passo da far perseguire al nostro paziente riguarda seguire un corretto stile di vita. Il controllo dietetico-nutrizionale ha dimostrato di influenzare direttamente o indirettamente (modulazione dei comuni fattori di rischio quali glicemia, lipidemia, pressione arteriosa) l’aterogenesi vascolare, con un effetto non ben definito sulla prevenzione cardiovascolare. Le modifiche comportamentali con maggiore effetto sui lipidi plasmatici (colesterolo totale e C-LDL) sono costituite dalla riduzione di grassi saturi e del colesterolo nella dieta, dall’incremento di fibre, di prodotti ricchi in fitosteroli, a base di riso rosso, oltre che dalla riduzione del peso corporeo/incremento dell’attività fisica. La dieta mediterranea, caratterizzata da elevato consumo di frutta, vegetali, cereali integrali, legumi, noci, pesce, olio extravergine d’oliva e prodotti a basso contenuto calorico, ha dimostrato un’influenza significativa in termini di riduzione dei fattori di rischio e prevenzione cardiovascolare.

STRATEGIE DI TRATTAMENTO A DISPOSIZIONE 
La terapia con statine rappresenta tuttora il “gold standard” per il trattamento della dislipidemia nel paziente con cardiopatia ischemica. Il paziente, al momento della dimissione, avrà quindi già impostato una strategia di trattamento che dovrà poi essere gestita in maniera ottimale sul territorio con periodici controlli del profilo lipidico e follow-up clinico relativo alla tolleranza al farmaco, al fine di impostare un percorso di gestione “sartoriale” adatto al singolo paziente. Nel caso in cui il profilo lipidico non risulti ottimale o la terapia in atto sia scarsamente tollerata, l’utilizzo di medicinali in associazione (ezetimibe) o dell’avvio dei nuovi farmaci inibitori della proproteina della convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9) risultano d’obbligo per una corretta gestione del nostro paziente.

Statine
Le statine, tra i farmaci più studiati nell’ambito della prevenzione cardiovascolare, riducono la sintesi epatica di colesterolo inibendo l’attività dell’HMG-CoA reduttasi, con conseguente iperespressione dei recettori LDL degli epatociti ed aumentata ricaptazione del colesterolo plasmatico. Altri effetti antinfiammatori e antiossidanti delle statine, definiti “pleiotropici”, sono emersi da alcuni studi con potenziali azioni sulla prevenzione cardiovascolare.

Numerosi trial clinici nell’ambito del trattamento ipolipemizzante hanno evidenziato i benefici della terapia con statine ad alte dosi in pazienti con sindrome coronarica acuta. In diversi studi questi farmaci hanno dimostrato di prevenire l’aterosclerosi, di rallentarla o di favorirne la regressione, con conseguente riduzione della morbilità e mortalità correlate.
Il grado di riduzione del C-LDL da parte delle statine è dose-dipendente, varia tra le diverse molecole (maggiore per atorvastatina, simvastatina e rosuvastatina) oltre che da paziente a paziente, sia per variabilità genetica interindividuale che per scarsa compliance al trattamento (come emerso da trial clinici e metanalisi). 

Ezetimibe
L’ezetimibe inibisce l’assorbimento intestinale del colesterolo proveniente dalla dieta e di quello biliare, aumentando di conseguenza l’espressione dei recettori LDL epatici con richiamo del colesterolo plasmatico.
Il trial IMPROVE-IT ha arruolato una popolazione di 18 144 pazienti con pregressa sindrome coronarica acuta. Nel gruppo trattato con l’associazione di statina ed ezetimibe è stata evidenziata una riduzione significativa di eventi cardiovascolari e di ictus al follow-up a 7 anni. 

Il trattamento con ezetimibe deve essere preso in considerazione sia in caso di intolleranza alle statine, sia quando la loro somministrazione alla dose massima raccomandata o tollerata non consenta il raggiungimento dei valori di C-LDL target.

Inibitori di PCSK9
La proproteina PCSK9 è coinvolta nel catabolismo dei recettori LDL, destinati alla ricaptazione del C-LDL dal sangue all’epatocita. Questa nuova classe di farmaci, costituita da anticorpi monoclonali, tramite la riduzione dei livelli plasmatici di PCSK9, causa un aumento dell’espressione dei suddetti recettori con conseguente ricaptazione e riduzione del C-LDL plasmatico.

Gli inibitori di PCSK9 hanno dimostrato di ridurre fino al 60% del C-LDL plasmatico, indipendentemente dalla coesistenza di altra terapia ipolipemizzante, con una riduzione proporzionale degli eventi cardiovascolari.

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